Per misteriose vie
di Marta Silenzi 
ed. Laboratorio 41,  2014
testo in catalogo mostra "Gianfranco Pasquali - Per misteriose vie"
Laboratorio 41, 21 dicembre 2014


Piccole sculture di compagnia, reperti misteriosi, marchingegni dalle componenti tecnologiche e detritiche, sorta d’invenzioni ludiche ma d’ispirazione fisico-alchemica, prodotti di un laboratorio personale votato alla sperimentazione e un po’ folle nelle nascite di vegetali stravaganti plastici, alla ricerca di un valore linfatico forse alieno. E poi costruzioni progettuali di macchine, dispositivi, apparati, cercando nuove linee e profili e guardando a nuove possibilità, l’antico e il futuristico insieme, pilastri e monoliti accanto a presenze robotiche, oggetti indefiniti, idee messe in forma.
 Queste sono solo alcune delle denominazioni che si possono attribuire all’opera portata avanti in sordina da Gianfranco Pasquali, nel suo laboratorio tecnico un po’ da “scienziato pazzo” – dove il termine pazzo lungi dall’essere offensivo sta per visionario da una parte e geniale dall’altra. È un universo dallo stile preciso che pesca tutto il suo repertorio cromatico e suggestivo dagli anni ’80, coniugando una sapienza progettuale e una capacità inventiva funzionale e concreta di movimenti e meccanismi, con una sorta di rievocazione spazialista o forse più vicina a quello che fu un certo nuclearismo, basato su un'idea di libera creatività polimaterica ispirata a mondi subatomici e universi subumani .
Pasquali parte  da una conoscenza tecnico-scientifica di materiali profondissima grazie al suo lavoro di restauro di antichi palazzi romani e marchigiani e al contatto con manufatti e reperti del passato, perciò la sua selezione cade sul legno, sul marmo e poi sul plexiglas, scelti in virtù della loro durata e resistenza, della loro duttilità o alterabilità; e le loro possibilità di lavorazione, di taglio, di assemblaggio, di laccatura, Pasquali, quasi a voler creare un contrasto, le applica ad un  immaginario creativo moderno, futuristico, ma non di un futurismo del nuovo millennio, di un futurismo dal sapore ancora novecentesco. 
Entrare nella casa/laboratorio dello scultore significa trovarsi immersi nella sezione botanica di fiori in plexiglas dall’aspetto giocoso, vitale, ammiccante eppure grottesco, come dovessero animarsi all’improvviso e rivelare un lato anche carnivoro – una bizzarra versione cittadina de “La piccola bottega degli orrori” –, nelle loro trasparenze cromatiche, nei loro pistilli dritti, nei girali e nelle foglie lanceolate. Significa anche guardare ad una collezione di monoliti granitici e marmorei, fallici pilastri della terra, testimoni implacabili del passato che marcano un territorio rivolto invece ad un futuro come potrebbe esserlo quello dietro un portale, quello di un altro pianeta, se mai trovassimo l’entrata di uno stargate.
Talvolta lo scultore indugia in sperimentazioni di ordine del tutto materico: tende e torce i materiali plastici, li annoda e sviluppa come a testarne l'elasticità, senza pretese contenutistiche, inseguendo l'attrazione per il lato malleabile e plasmabile offerto dalla materia che conosce e che pure gli si presenta ogni volta nuova e possibile; le chiama “musicalità di intrecci”, cogliendo la tangenza tra movimento e suono. 
Scendendo ai piani inferiori ci si addentra poi nel cuore della produzione e nei luoghi della lavorazione, dove le idee acquistano forma effettiva, segno che anche la disposizione/esposizione ricrea il percorso mentale, la gerarchia di valori che lo scultore stesso attribuisce alle sue esecuzioni. Sono i “cosmo-tecno detriti” e i “cristalli” a occupare quello spazio, nel loro gioco di legni laccati, plexiglas colorati e piccole parti di rame e di alluminio innestate in piatti semicerchi dentati, dietro grappoli di cubetti talvolta impreziositi da scaglie di oro vero.
Mito, civiltà ed invenzione stanno alla base del repertorio serio e ironico al contempo di Gianfranco Pasquali, un repertorio di sculture multimateriali complesse, strutturate, ragionate, in cui l’estetica si contende il campo con la funzionalità, l’eventualità del movimento o del suono prodotto da meccanismi metallici, serpentine, radar e microchip.
Interessante è il confronto con i numerosi disegni di qualità estetica e caratura ingegneristica, una capacità a mano libera che confina col progetto tecnico: gli studi testano assetti e mobilità, incastri e cerniere, restituendo ad un tempo l'effetto decorativo meditato e danno sostanza razionale all'intuizione visionaria; pur nella loro bidimensionalità, costituiscono essi stessi una forma espressiva completa, da non tenere in secondo piano ma da esibire insieme alla corrispondente traduzione plastica.
Cuciti e assemblati in mezzelune trasparenti, esibiti sopra piedistalli e basamenti, questi oggetti indefiniti hanno però la capacità di definire il loro creatore, come la numerosa filiazione di un genitore inventivo che sembra sul punto di prendere vita e iniziare a funzionare.







ph. Giulio Perfetti



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