Azione Albatro (ali e fede)
di Marta Silenzi
testo per la performance Azione Albatro (ali e fede) di Marco Casolino 
Artistic Vision Gallery
Civitanova Marche
4 - 8 settembre 2013




“Spesso per divertirsi, i marinai /catturano albatri, grandi uccelli di mare, / che seguono, indolenti / compagni di viaggio, / la nave che scivola sugli amari abissi.

Appena deposti sulla plancia,/ questi re dell’azzurro, vergognosi e timidi, / se ne stanno tristi con le ali bianche / penzoloni come remi ai loro fianchi.

Che buffo e docile l’alato viaggiatore! / Poco prima così bello, com’è comico e brutto! / Uno gli stuzzica il becco con la pipa, / un altro, zoppicando, scimmiotta l’infermo che volava!

Il poeta è come quel principe delle nuvole, / che snobba la tempesta e se la ride dell’arciere; / poi, in esilio sulla terra, tra gli scherni, / con le sue ali di gigante non riesce a camminare.”

Charles Baudelaire
L’albatro
da I fiori del male


L’uomo-albatro exilé sur le sol cammina a fatica, si porta dietro un peso d’ali e un peso di fede.
Queste estremità piumate, simboliche, magnifiche, sono dell’uccello marino, terreno, non angelico, eppure qualcosa di spirituale soffia in questa sua azione, è una spiritualità poetica e malinconica, l’uomo è insieme il diomedeide e il poeta dei versi di Baudelaire, e se ne sta vergognoso e timido ciononostante incede con fermezza, saldo; con ses ailes de géant è difficile camminare, ma questo essere non ha la goffaggine dell’animale a terra, ha piuttosto la sua eleganza in volo. Avanza, attraversa il traffico, lo interrompe, ferma l’andare ritmico delle giornate qualunque e la poesia gli risuona intorno, trova spazio tra le labbra, chiede un silenzio ai rumori, mentre procede scalzo e non guarda altro che il suo cammino, lento, morbido all’occhio, ruvido al contatto, dove tutto stride e protrae spigoli.
La sua fede non ha nulla di religioso, la sua fede è riposta nell’azione stessa, fonte del coraggio necessario per esporsi (più che nudo) agli occhi della gente, che non comprende, che in qualche caso intuisce il senso di un gesto tanto lirico, partecipa al passaggio del voyageur ailé, ma perlopiù schernisce, sosta infastidita e resta nel suo piccolo universo di luoghi comuni ed atti stanziali.
Un animo sensibile (quello dell’artista) è libero e capace di sollevarsi (e sollevare chi guarda e si accoda) da terra, può diventare roi de l’azur, prince des nuées, ma è circondato da una società che imbriglia la poesia, impedisce il volo col suo mediocre cinismo incolto, la società a cui tuttavia quell’animo poetico appartiene, ancora estraneo ed esiliato, e allora ecco l’azione, ecco l’attraversamento che rischia anche la contaminazione, il tentativo di fermare il tempo e bloccare l’elemento pratico e concreto con l’etereo mondo della percezione e dell’empatia, quello scintillio sonoro provocato da una visione, da un passaggio incorporeo, da un’astrazione mentale.
Cammina nella città l’uomo-albatro, forse cerca il suo mare, una melodia interiore lo sospinge fino a che non si libera dell’armatura d’ali – come l’angelo di Wim Wenders che vuole farsi terreno e cadere tra gli uomini -, l’albatro restituisce l’identità all’artista che, così, dice di poter tornare ad esprimersi. Eppure, non era l’azione stessa un’espressione? Sì, e questo spiega la fatica dell’andare eretto e tenace dove si è soggetti alle beffe, spiega l’impegno e lo sforzo di narrare uno stato d’animo complesso che è quello dei solitari, mentre le ali si trascinano e raccolgono le tracce e gli odori delle strade percorse, dei viaggi compiuti.


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